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Il clima che vorrei
Testo

GIORGIA FOSSER Analista climatica

 

Era una triste giornata d’inverno quando mi hanno chiesto di scrivere queste righe sul clima che vorrei. Ho subito pensato al sole, al mare e alla serenità dei tempi dell’università quando il caldo non faceva paura e un acquazzone portava solo frescura… ora non è più così. 

Ma iniziamo la storia dall’inizio… Quando ero all’università non si parlava ancora di cambiamento climatico o comunque non era una tematica di cui si discutesse tra uno spritz e l’altro festeggiando il buon esito di un esame. Sì, c’erano state le estati particolarmente calde del 2003 e 2006, ma con la spensieratezza del tempo, si approfittava del mare e finiva lì. Mai avrei pensato che il clima sarebbe cambiato così drasticamente e tanto meno che anch’io nel mio piccolo stavo contribuendo a questo cambiamento. Poi casualmente sono finita ad occuparmi proprio di clima e di cambiamenti climatici con il dottorato in Germania e, un po’ meno causalmente, ho avuto un figlio. Lo vedevo crescere, pensavo al suo futuro e al clima che avrei voluto che lui vivesse, come quello che ho vissuto io, senza timori di non aver abbastanza acqua, di essere travolto da un distacco nevoso in ghiacciaio o da un fiume esondante per una bomba d’acqua. Ero arrabbiata che la stupidità, le ristrette vedute e i miseri interessi di uomini e donne, impedissero a mio figlio, a tutti i nostri figli, di godere di questa nostra fantastica Natura, come abbiamo fatto noi, ma senza approfittarne, come abbiamo fatto noi. In questo ho trovato la motivazione del mio lavoro, capire il clima che cambia e come possiamo adattarci a dei cambiamenti che sono ahimè imprescindibili. Ho lavorato su queste tematiche in Olanda, Germania, Francia e Regno Unito, ma ho scelto di tornare in Italia per lavorare alla Scuola Universitaria Superiore IUSS.  Sono tornata perché allo IUSS ho trovato un clima di lavoro eccezionale, fatto di persone e non di gente, con un’anima sensibile agli altri e alle tematiche del clima e dei suoi impatti sociali. Ho scelto lo IUSS perché ho trovato colleghi che, oltre alle loro capacità, ci mettono il cuore, non solo per pubblicare un articolo o fare carriera, ma perché è giusto, moralmente giusto, fare qualcosa per il nostro mondo. Rimango allo IUSS perché c’è un gruppo giovane, o diversamente giovane, fatto di fisici del clima, ingegneri, economisti, filosofi, neuroscienziati e linguisti accomunati dal desiderio di condividere le proprie conoscenze e capacità settoriali nella consapevolezza che l’integrazione tra discipline diverse sia l’unico modo efficace di affrontare la tematica del cambiamento climatico. Allo IUSS siamo una piccola equipe medica per un clima malato che nel suo piccolo mette tutta sé stessa per curarlo e sensibilizzare i giovani e anche i meno giovani a questo problema che, volenti o nolenti, riguarda tutti… Tutti noi lavoriamo per ottenere il clima che vorrei.

Vorrei che il clima e gli eventi meteorologici non ci facessero paura. 

Vorrei che imparassimo a rispettare la natura in cui viviamo, che soprattutto ci permette di vivere. 

Vorrei che imparassimo a non essere ciechi e sordi al cambiamento climatico. 

Vorrei che il cambiamento climatico non fosse solo considerato un problema tra gli altri o degli altri.

Vorrei che le persone, e i ricercatori per primi, si mettessero in discussione, al di là del loro ambito di conoscenza specifico, per trovare nuove soluzioni inter-transdisciplinari per affrontare un clima che cambia in un mondo che evolve.

Vorrei che tutti avessero la possibilità di vivere al lavoro il clima che io respiro ogni giorno allo IUSS con un gruppo giovane, dinamico, intraprendente e fiducioso che insieme un cambiamento positivo sia possibile.

Io lavoro allo IUSS per il clima che vorrei, e tu?