
“La qualità dell’informazione riguardante i ragni nella stampa globale è piuttosto scarsa - errori e sensazionalismo sono onnipresenti,” ha detto Stefano Mammola ricercatore del CNR di Verbania Pallanza. “Le notizie riguardanti i ragni fluiscono attraverso un network globale ampiamente interconnesso e la diffusione di disinformazione è data da un numero limitato di fattori, il tono sensazionalistico dell’articolo è uno dei più importanti.”
Mammola racconta di essere stato ispirato da uno studio fatto in precedenza sulla stampa italiana e dal generale disappunto sulla qualità delle notizie riguardanti i ragni. Infatti dichiara Mammola “Moltissimi articoli sui ragni nella stampa italiana sono pieni di errori, allarmistici, o addirittura fake news, o una combinazione di questi fattori”.
Così, lui assieme a dozzine di colleghi tra i quali Veronica Nanni della Scuola Universitaria Superiore IUSS di Pavia, hanno deciso di intraprendere uno studio più ampio per capire se questo fosse un problema globale. Hanno messo assieme un team di esperti per raccogliere i dati, provenienti da 81 paesi e rappresentati 41 lingue.
Durante la pandemia da COVID-19, il Progetto ha offerto la possibilità di indagare importanti questioni a scala globale in un momento in cui non si poteva svolgere la ricerca sul campo.
Le analisi hanno dimostrato come il livello di sensazionalismo e disinformazione calasse sensibilmente quando il giusto “esperto” veniva intervistato dal giornalista—cioè un esperto di ragni invece di un medico o altre figure professionali. I dati inoltre hanno mostrato l’importanza della copertura mediatica a scala locale, in quanto anche notizie provenienti da piccoli paesi sono in grado di diffondersi rapidamente nel panorama mediatico internazionale.
“Sono stato particolarmente sorpreso dal fatto che un evento così localizzato - come la storia di un allevatore morso da un ragno in un remoto paesino dell’Australia - pubblicato da giornali regionali - possa velocemente diventare un fenomeno internazionale,” afferma Stefano Mammola.
“Questo implica che migliorare la qualità dell’informazione prodotta in questi nodi locali, può avere ripercussioni su tutto il network globale di scambio d’informazione,” scrivono gli autori dello studio.
La disinformazione sui ragni ha molte implicazioni pratiche. In alcuni casi, reazioni allarmistiche rispetto “all’invasione” da parte di false vedove nere, hanno portato alla chiusura di scuole. In un’altra circostanza, un uomo ha dato inavvertitamente fuoco alla sua casa nel tentativo di eliminare un’infestazione di ragni innocui.
Ora i ricercatori vogliono capire come l’informazione di scarsa qualità sui ragni sia legata al perpetuare di sentimenti aracnofobici nella popolazione. Vogliono inoltre capire meglio come differenze culturali e sociali influenzino il modo di rappresentare e parlare dei ragni nella stampa delle varie nazioni e regioni. Infine, potrebbero espandere il lavoro ad altre specie:
“Sarebbe interessante esplorare la rappresentazione mediatica di diversi gruppi di organismi, incluso animali che sono velenosi ma non stigmatizzati allo stesso modo, come le api, ma anche altri animali velenosi come i serpenti”, conclude Mammola. “Un simile esercizio permetterebbe capire se il livello di disinformazione e sensazionalismo sia lo stesso tra i diversi taxa, testando l’ipotesi che una rappresentazione negativa da parte dei media tradizionali e dei social media si traduca in una minore probabilità di essere il target delle politiche di conservazione”