MARIO MARTINA, ingegnere idrologo, Coordinatore di dottorato, Preside
Finita l’università, mi era rimasta ancora una gran voglia di studiare. Fare il dottorato mi sembrava un’idea geniale per farne un mestiere. Inviai due domande. Per una non ricevetti mai risposta, per l’altra dopo pochi mesi mi presentai davanti ad una commissione che mi chiedeva quale progetto di ricerca avessi. Non avevo un progetto chiaro, ma mi interessava quell’arte del formulare le domande e del ricercare le risposte. Così in poche settimane il mio status passò da ingegnere a dottorando. E subito mi trovai in qualche difficoltà. Prima quella di spiegare quel gerundio letteralmente indefinito a chi l’università non l’aveva fatta o l’aveva lasciata con l’alloro in testa. Poi quella di combattere per la mia stessa esistenza. Nel dipartimento non c’erano stanze per i dottorandi, la loro presenza era tollerata nei corridoi o negli studi di docenti latitanti. Carico di orgoglio, a capo di un gruppetto di miei simili ma forse solo più impauriti di me, andai a parlare con il direttore del dipartimento. Ottenni il diritto di liberare l’ex bilocale del custode al piano terra della sede per adibirlo ad aula studio dottorandi. Poi convinsi lo stesso custode ad aprire un vecchio magazzino dove trovai scrivanie, sedie e lavagne destinate allo smaltimento ed a riutilizzarle per l’arredo. Riuscii anche a corrompere il tecnico informatico per avere l’e-mail ufficiale della università. La mia esistenza di dottorando e quella dei miei colleghi era salva, ma furono comunque tre anni di lotta per la sopravvivenza.
Oltre vent’anni dopo cosa è cambiato? Tanto, ma non abbastanza. Sicuramente è cambiata la mia prospettiva: ora sono coordinatore di un dottorato di ricerca sul tema dello sviluppo sostenibile e del cambiamento climatico. È un dottorato particolare, definito di “interesse nazionale” perché offerto da 52 università italiane in convenzione, oltre il 50% del totale, e perchè coinvolge tutte le aree disciplinari accademiche invece di una o due come per i corsi tradizionali. La Scuola IUSS è stata promotrice di questo modello di dottorato trans-disciplinare, primo nel panorama italiano, perché è nella sua missione sperimentare modelli di formazione che superino la specializzazione settoriale e che interpretino le conoscenze delle diverse discipline accademiche come strumenti per la soluzione concreta di problemi della nostra società. Il dottorato di ricerca è riconosciuto dal nostro ordinamento come il più alto grado di formazione, titolo che certifica elevate capacità di ricerca, relazionali e di gestione. Ora ho io la responsabilità assieme a tante colleghe e tanti colleghi di assicurare le condizioni perché anche il nostro corso arrivi a tale traguardo. Ma, nonostante i passi fatti finora, vedo ancora la lotta alla sopravvivenza dei dottorandi. Lotta per una identità professionale e per una dignità accademica. Ancora ora quel gerundio indefinito indica letteralmente un periodo di transizione ed incertezza intollerabile. E anche dopo, chi rimane nel mondo accademico deve mettere in conto ulteriori sacrifici e compromessi prima di poter fare stabilmente della ricerca la propria professione. Fuori dal mondo accademico, in quello delle imprese e della pubblica amministrazione, tanto c’è ancora da fare per valorizzare il titolo di dottore di ricerca.
Il dottorato che vorrei non avrebbe borse di studio appena sufficienti a pagarsi un posto letto, ma contratti di lavoro con uno stipendio dignitoso al pari degli altri stati europei. Il dottorato che vorrei avrebbe spazi luminosi e risorse adeguate per il libero esercizio alla curiosità. Il dottorato che vorrei sarebbe l’apprendistato dell’arte del formulare le domande e del ricercare le risposte. Il dottorando che vorrei alla fine si chiamerebbe ricercatore, letteralmente.
Il dottorato che vorrei lo stiamo costruendo in Italia per centinaia di ricercatori italiani e stranieri, con il sostegno del Ministero dell’Università e della Ricerca, insieme alle colleghe ed i colleghi di 52 università italiane che credono e si impegnano nell’ambizioso ed entusiasmante progetto di dottorato di ricerca in sviluppo sostenibile e cambiamento climatico.