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La grammatica che vorrei
Testo

MATTEO GRECO, linguista

La grammatica che vorrei dovrebbe essere in grado di esprimere pensieri infiniti, senza alcuna restrizione di numero e tipo, da quelli che più imitano la realtà che ci circonda, a quelli più stravaganti che nessuno ha mai formulato prima, come un bellissimo cammello viola con occhiali e sciarpa rossa mentre augura a tutti Buon Natale. La grammatica che vorrei dovrebbe essere come le stelle del cielo, un apparente e disordinato ammasso di elementi che, se guardato nel modo giusto, riveli regolarità sorprendenti. Dovrebbe renderci tutti all’altezza dei più grandi e fini letterati semplicemente perché richiede le stesse operazioni di base: la Commedia di Dante sarebbe tanto Divina quanto la lista della spesa o i messaggini wup. La grammatica che vorrei dovrebbe essere unica per tutti gli esseri umani, almeno nella sostanza, e permettere solo limitati punti di variazione, così da essere universale. Magari non ci capiremmo tutti all’istante, ma in fondo parleremmo tutti la stessa lingua. Infatti, in Natura piccolissime variazioni nel meccanismo combinatorio che agisce sugli stessi elementi di base può dare risultati sorprendentemente diversi tra loro, tanto quanto possono essere diverse le mine delle matite dai diamanti: stessi atomi di carbonio, ma diverse strutture cristalline. La grammatica che vorrei dovrebbe essere facile da imparare, non come quando noi adulti tentiamo di acquisire una lingua nuova, ma come quando si impara a camminare da piccolini: magari si cade un po’, magari si dice qualche strafalcione quando si tenta di usare un congiuntivo, ma c’è sempre una forza dentro di noi capace di raggiungere il risultato senza sforzi eccessivi. La grammatica che vorrei dovrebbe permettere a tutti di esprimere gli stessi infiniti pensieri senza dividere le lingue in quelle di “serie a” e di “serie b” per via di un (apparente) diverso grado di complessità. Così gli abitanti di alcune parti della Nuova Guinea o delle Hawaii che usano poco più di una decina di fonemi, o i parlanti dell’italiano che ne usano più o meno una trentina, potrebbero esprimere le stesse idee di alcune popolazione africane che ne hanno più di cento. La grammatica che vorrei dovrebbe essere in grado di poter modificare la realtà attraverso il solo uso di parole o frasi: dovrebbe permettere di unire due persone creando qualcosa di nuovo, una famiglia, di unire una persona ad un’altra creando una comunità e così via. La grammatica che vorrei dovrebbe permettere di riferirsi a chiunque e a qualsiasi cosa: da Dio al mio “io” passando per tutte le innumerevoli realtà, astratte e concrete, che esistono nel mondo o nella nostra mente. Dovrebbe permettere di creare nuove parole per popolare i mondi fantastici che adulti e bambini amano immaginare: nel mio trovereste gli elefantonni che con la loro probospada volano nel cielo giallo a fianco dei leonibbi. 

A dire il vero, la grammatica che vorrei è esattamente quella che ogni essere umano utilizza in ogni singolo momento della propria vita quando comunica, quando pensa, quando prega, quando dice il fatidico “sì”, quando sottoscrive un contratto, ecc. Infatti, grazie alla ricerca filosofica e scientifica che ha accompagnato la storia dell’umanità e che ha visto alcune importanti rivoluzioni negli ultimi 70 anni, si è capito che la più fondamentale delle proprietà della grammatica delle lingue umane è esattamente questa: combinare alcuni limitati elementi di base per ottenere strutture, potenzialmente infinite, generate ricorsivamente. Per riprendere e adattare l’esempio delle matite e dei diamanti, è un po’ come se gli stessi atomi, i suoni di una lingua o le parole stesse, combinandosi tra di loro in vari modi, fossero in grado di creare strutture cristalline completamente diverse. Così non conta quanti siano i mattoncini iniziali, ma la sola capacità combinatoria il cui risultato da sempre infinito. Si è anche capito che lingue all’apparenza diversissime, come l’italiano e il giapponese, condividono gli stessi principi di base e appaiono come facce distinte di una stessa medaglia. La grammatica delle lingue umane è creativa e libera, perciò capace di dar vita a nuove parole e nuove combinazioni senza alcuna difficoltà. Una facoltà che ogni bambino possiede già dalla nascita, anche se necessita di tempo e del rapporto col mondo circostante per esprimersi. Qui alla Scuola IUSS ci occupiamo precisamente di questo: indagare alcune delle realizzazioni più sorprendenti di questa facoltà di linguaggio della quale ne sono esempio il mio caro e bellissimo cammello viola con occhiali e sciarpa rossa insieme ai sui amici elefantonni e leonibbi.